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by Eric Mistretta
curated by Nero/Alessandro Neretti
MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche, Leone Conti
and Osteria della Sghisa
20 Apr. > 31 Dec. 2013
Il soffiatore di bolle di sapone
un’intervista di Nero a Eric Mistretta
N: La tua testa fa qualche rumore quando pensi? Se la risposta è sì, che tipo di rumore fa?
E: Il silenzio può essere assordante. È meglio avere del rumore di sottofondo che distragga dai suoni che emette il cervello mentre lavora.
N: Scusa ma puoi specificare il tipo di rumore . . .
E: Di solito si tratta del piacevole suono delle due signore nel cortile sopra il mio studio che gridano tra di loro a proposito di ortaggi.
N: Pensi che “pensare solo a se stessi” possa distruggere le relazioni con le altre persone o sono tutte favole?
E: Sì! “Pensare solo a se stessi” è una strada pericolosa e scivolosa da percorrere. Promette uno scontro attraverso il guardrail dell’amore, poi un ruzzolone dalle scogliere della gentilezza. E ti trovi sottosopra, con la cintura che ti tiene ancora legato alla sedia, faccia a faccia con il primitivo terrore dell’esistenza in una valle di solitudine.
N: Sai che sei fottutamente romantico?
E: É come quando ami qualcosa così tanto che l’unico modo per esprimere questo amore è vomitando su tutti i muri.
N: Sei ancora vergine?
E: Sono stato sverginato da Family Business a New York.
N: Quando vai alle feste cosa ti porti da casa?
E: Un desiderio maniacale di andare fuori di testa.
N: Mi puoi dire qual è l’avvenimento più strano che è accaduto nel tuo quartiere quando eri un bambino?
E: Quando avevo 10 anni, io e un mio amico spiavamo sua nonna che viveva nel seminterrato. Ci intrufolavamo giù per le scale e ci nascondevamo sotto il tavolo della cucina, facevamo dei rumori e poi la guardavamo mentre cercava di capire da dove venivano. Era sempre la stessa storia finché un giorno siamo sgattaiolati di sotto e l’abbiamo trovata, a 95 anni, sdraiata sul divano con solo la biancheria intima addosso che mangiava un muffin ai mirtilli gigante.
N: Credi nei desideri prima di spegnere le candeline?
E: Credo nella torta.
N: Ti senti a tuo agio nella società moderna?
E: È facile cadere in una trappola alla David Lynch in cui tutto sembra un incubo. È importante avere i calzini asciutti.
N: Ci siamo conosciuti ad una mia inaugurazione a Firenze, città dove ti trovi per una residenza d’artista . . . ti ricordi com’è finita la serata?
E: È finita dentro un piatto di pasta con suoni smorzati di Stevie Wonder che si diffondevano in sottofondo.
N: Quando vivi in un posto, lui vive attraverso te. Quando parti senti il desiderio di celebrarlo o vuoi solo scappare via?
E: Mi piace uscire con il botto.
N: Hai un terrazzo dove vivi a New York? Hai pensato di piantare due palme da cocco e appendere un’amaca?
E: Ho quello che noi chiamiamo una scala antincendio che ha una duplice funzione: è sia un piccolo spazio all’aperto dove rilassarsi sia un’uscita strategica per evitare di morire bruciati.
N: Ok. Stavo solo pianificando la mia prossima vacanza in campeggio . . . non importa! Ma con il fuoco dell’inferno è possibile fare una grigliata?
E: . . . !?!
N: Molte delle tue opere hanno un aspetto domestico, familiare, dimmi perché.
E: Mi piace l’idea di una famiglia o di una storia che combatte con la sua stessa esistenza e penso che l’arena principale per questa lotta sia la sua casa. Sembra un dilemma alla Faulkner.
N: Hai mai progettato una seconda vita? E una terza?
E: C’è abbastanza da fare in questa vita prima che io possa pensare ad altre.
N: Dada?
E: Solitamente sostengo lo “strano” fine a se stesso.
N: Arte minimalista?
E: Un tipo di “sexy” difficile da raggiungere ma anche il migliore.
N: Nel tuo lavoro ci sono riferimenti alla tua vita da ragazzo?
E: C’è un sentimento giovanile in alcune opere che penso si riferiscano a chiunque da bambino. Ricordo che il mio amore per tessuti diversi risale già a quando ero molto più giovane.
N: Come ti senti?
E: Eccitato, terrorizzato, affamato.
The bubble blower
an interview by Nero to Eric Mistretta
N: Does your head make any noise when you think? If the answer is yes, what kind of noise does it make?
E: The silence can be deafening. It’s better to have some background noise to distract from the sounds of the brain working things out.
N: Excuse me, but could you specify the kind of noise . . .
E: Usually it’s the charming soundtrack of the two old ladies in the courtyard above my studio screaming at each other about vegetables.
N: Do you think that “mind only of themselves” can destroy relationships with other people or are these all tales?
E: Yes! “Mind only of themselves” is a dangerous, slippery road to travel. It promises a crash through the guard rail of love. Then a tumble over the cliff of kindness. Then you are upside down, still strapped to your chair by the seatbelt, face to face with the primal terror of existence in the valley of solitude.
N: You know you’re fucking romantic?
E: It’s like when you love something so much the only way you can express it is by throwing up all over the walls.
N: Are you still a virgin?
E: I was de-viriginized by Family Business in New York.
N: When you go to parties, what do you take with you from home?
E: A maniacal urge to go off the deep end.
N: Can you tell me the most strange episode that happened in your neighborhood when you were a kid?
E: When I was 10 years old, my friend and I used to spy on his grandma, who lived in his basement. We would sneak down the stairs and hide under her kitchen table and make noises and watch her try to figure out where they were coming from. Usually it was the same story but one day we snuck downstairs and found her, 95 years old, lying on the couch in her underwear eating a huge blueberry muffin.
N: Do you believe in wishes made before blowing out the candles?
E: I believe in cake.
N: Do you feel at ease in modern society?
E: It’s easy to fall into a David Lynch trap of everything seeming like a nightmare. It’s important to have dry socks.
N: We met at the inauguration of one of my exhibition in Florence, the city where you are for an artist residency. . . do you remember how that night ended?
E: It ended inside a bowl of pasta with the muffled sounds of Stevie Wonder permeating the background.
N: When you live in a place, it lives through you. When you leave, do you feel the desire to celebrate it or you just want to run away?
E: I like to go out with a bang.
N: Do you have a terrace in your place in New York? Have you ever thought you can plant two coconut palms and hang a hammock?
E: I have what we call a fire escape, which serves a dual function: a small outdoor space to relax and a strategic exit to avoid burning to death.
N: Ok, I was just planning my next camping holiday in New York . . . doesn’t matter! But is it possible to have a bbq using hell’s fire?
E: . . . !?!
N: Many of your works look domestic, folksy, tell me why.
E: I like the idea of a family or a romance struggling with its own existence, and I think the main arena for that struggle is in the home. It feels like a Faulkner type of dilemma.
N: Have you ever planned a second life and a third?
E: There’s enough to be done in this life before I can think about other ones.
N: Dada?
E: I usually support weird for weird’s sake.
N: Minimalist art?
E: A difficult kind of sexy to achieve but also the best kind.
N: Can we find references to your life as a boy in your works?
E: There is a juvenile sentiment to some of the works that I think relates to anyone as a kid. And also my love of different fabrics is something I remember even when I was much younger.
N: How do you feel?
E: Excited, terrified, hungry.